Autore: Davide Guadagnino, LL.M.

Il 7 dicembre 2017, la Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGCE) ha posto fine alla saga Eurallumina. Nello specifico, la Corte si è pronunciata sull’esenzione fiscale garantita dall’Italia a un unico produttore di allumina nella regione Sardegna, la Eurallumina SpA., stabilendo che la misura concessa tra il febbraio 2002 e il dicembre 2003 costituiva un aiuto di Stato illegittimo.[1] Allo stesso tempo, la Corte si è pronunciata sulle cause riunite presentate dalla Francia e dall’Irlanda inerenti la stessa misura, di cui risultavano beneficiari rispettivamente fla Alcan Inc. e la Aughinish Alumina Ltd, ordinandone il recupero in ragione dell’avvenuta violazione delle norme sugli aiuti di Stato. [2]
Secondo la Corte, tali misure sono state concesse mediante risorse statali e hanno conferito vantaggi illeciti alle imprese beneficiarie, distorcendo la concorrenza all’interno del mercato.
La valutazione dell’imputabilità di un aiuto fiscale è stata molto controversa in questo caso, sollevando un acceso dibattito sulla questione. Vista la significativa rilevanza della sentenza, sembra utile fornire un’analisi dettagliata del caso e del ragionamento adottato dalla Corte di Giustizia.

Il contesto della controversia

Il 19 ottobre 1992 il Consiglio delle Comunità europee ha adottato la direttiva 92/81/CEE in materia di armonizzazione delle accise sugli oli minerali, stabilendo un’aliquota minima per ciascuno Stato membro a partire dal 1° gennaio 1993.[3] L’articolo 8, paragrafo 4, della stessa direttiva attibuiva tuttavia al Consiglio, deliberando all’unanimità su una proposta della Commissione europea, il potere di autorizzare gli Stati membri all’introduzione di deroghe in base a considerazioni politiche specifiche.
Ai sensi del succitato articolo, il Consiglio ha quindi autorizzato l’Italia ad esentare dalle accise gli oli minerali utilizzati come combustibile per la produzione di allumina, una polvere bianca utilizzata nelle fonderie per la produzione di alluminio. Tuttavia, l’unica beneficiaria dell’esenzione fiscale in Italia risultava essere la Eurallumina SpA., quest’ultima operativa presso la propria sede in Sardegna.
Nel corso degli anni successivi, il Consiglio ha adottato diverse misure, prorogando fino al 31 dicembre 2006 la durata dell’esenzione. [4] Questa misura ha tuttavia sollevato la preoccupazione della Commissione in merito alla sua conformità con le norme in materia di aiuti regionali, la quale ha portato alla notifica all’Italia della propria decisione di avviare il procedimento di indagine formale previsto dall’articolo 88, paragrafo 2 del trattato CE (ora 108 (2) TFUE). [5]
Tale procedura si è conclusa con l’emanazione della decisione 2006/323/CE, in cui la Commissione ha ritenuto che la misura fosse illegittima. [6] Ai sensi dell’articolo 87 del trattato CE (ora 107 del TFUE), infatti, «qualsiasi aiuto concesso da uno Stato membro in qualsivoglia forma che falsi o minacci di falsare la concorrenza favorendo determinate imprese o la produzione di determinati beni, nella misura in cui colpisce il commercio tra Stati membri, è incompatibile con il mercato interno».
La Commissione considerava la misura una potenziale minaccia per il mercato comune, poiché veniva concessa mediante risorse statali ed attribuiva un vantaggio selettivo indebito ad un’impresa specifica. Secondo la Commissione, l’esenzione favoriva un unico produttore attivo nella sola regione Sardegna rispetto ad altre imprese che utilizzavano oli minerali in diversi settori o regioni. Inoltre, la misura era in gardo di incidere considerevolmente sugli scambi intracomunitari e veniva considerata come “aiuto nuovo” ai sensi del regolamento n. 659/1999 sull’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato, il quadro legislativo all’epoca in vigore. [7]
Il regolamento definisce “nuovi aiuti” come “tutti gli aiuti, vale a dire i regimi di aiuto e gli aiuti individuali, che non sono aiuti esistenti, comprese le modifiche agli aiuti esistenti”. [8] Ai sensi del regolamento, gli Stati membri che intendano concedere un nuovo aiuto di Stato devono preliminarmente informare la Commissione europea, onde permetterle di valutare il suo impatto sulla concorrenza. Pertanto, l’attuazione di un nuovo aiuto è sempre subordinato alla preventiva approvazione da parte della Commissione Europea.
Dal momento che l’esenzione veniva individuata come nuovo aiuto, nel caso di specie l’Italia non aveva adempiuto all’obbligo di notifica preliminare alla Commissione Europea e l’esenzione doveva quindi considerarsi illegittima. [9]
La Commissione ha ordinato quindi l’immediato recupero dell’aiuto, riferendosi tuttavia soltanto alle esenzioni fiscali concesse tra il 3 febbraio 2002 ed il 31 dicembre 2003. Sebbene l’esenzione abbia ostacolato la libera concorrenza nel mercato sin dai tempi della sua adozione, un eventuale recupero della misura prima del 2 febbraio 2002 sarebbe stata infatti contraria al diritto dell’UE, in particolare al principio di tutela del legittimo affidamento. [10]
Le autorizzazioni del Consiglio si basavano su proposte della Commissione, pertanto gli Stati membri avrebbero potuto nutrire un’aspettativa legittima che l’aiuto fornito fosse stato ritenuto compatibile con il mercato interno. Tuttavia, tali legittime aspettative sarebbero allora cessate al più tardi il 2 febbraio 2002, quando la decisione di avviare il procedimento di indagine formale per violazione delle norme sugli aiuti di Stato veniva pubblicata in Gazzetta ufficiale. [11]

La controversia inerente all’imputabilità di un aiuto di Stato

L’ordine di recupero dell’aiuto è stato impugnato dinanzi al Tribunale dell’Unione Europea dalle imprese interessate, che hanno cercato di ottenere il suo annullamento nella misura in cui viola i principi generali del diritto dell’Unione. Il Tribunale ha inizialmente deciso di accogliere la richiesta dei ricorrenti, sottolineando che la Commissione aveva violato l’obbligo di motivazione della propria decisione. [12]
Secondo l’opinione del Tribunale, la Commissione non ha valutato se la misura potesse dentificarsi come “aiuto esistente” ai sensi dell’articolo 1, lettera b), punto v), del regolamento n. 659/1999, ovvero se la misura, benché non potesse identificarsi come aiuto di Stato al momento della sua adozione, lo era diventato successivamente a causa dell’evoluzione del mercato e senza che subisse alcuna modifica dallo Stato membro. [13]
A seguito dell’annullamento della decisione, la Commissione ha presentato ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia, la quale ha confermato l’iniziale valutazione della stessa Commissione e nuovamente rimandato la causa al Tribunale[14].  Per contro, quest’ultimo ha nuovamente respinto gli argomenti dedotti dalla Commissione in merito alla violazione delle norme sugli aiuti di Stato, fornendo una valutazione molto controversa sull’imputabilità degli aiuti. [15]
La Corte ha infatti dichiarato che l’esenzione fiscale fornita alle ricorrenti non poteva identificarsi come aiuto ai sensi dell’articolo 87 del trattato CE, in quanto tale disposizione risulta applicabile soltanto alle decisioni unilaterali e autonome degli Stati membri che favoriscono determinate imprese o la produzione di determinate merci, falsando la concorrenza all’interno del mercato. [16] L’esenzione si basava invece su decisioni adottate dal Consiglio Europeo, le quali autorizzavano taluni Stati membri ad applicare o continuare ad applicare l’esenzione sulla base di condizioni restrittive di natura geografica e temporale. [17]
Secondo la Corte, l’esenzione non poteva quindi considerarsi come decisione autonoma di uno Stato membro e la sua natura selettiva a livello regionale dipendeva soltanto dalle decisioni di autorizzazione del Consiglio. Gli Stati membri hanno quindi applicato l’esenzione entro i limiti stabiliti dal Consiglio, alle cui decisioni sono vincolati ex se, pertanto la misura non aveva violato alcuna norma in materia di aiuti di Stato.

La competenza esclusiva della Commissione Europea in materia di aiuti di Stato

Alla luce della controversa interpretazione del Tribunale, la Commissione ha deciso di adire nuovamente la Corte di Giustizia, la quale ha annullato ancora una volta le conclusioni dell’organo di primo grado; questa volta il Tribunale ha deciso di uniformarsi, evidenziando la corretta applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato da parte della Commissione Europea. [18]
Sebbene l’esenzione dalle accise fosse stata autorizzata dalle decisioni del Consiglio, tali autorizzazioni non potevano impedire alla Commissione Europea di esercitare i poteri esclusivi in ​​materia di aiuti di Stato che i trattati le hanno conferito. Perciò, quest’ultima avrebbe potuto valutare in qualsiasi momento se la misura costituisse un aiuto di Stato ai sensi dell’art 88 CE.[19]
La nozione di aiuto di Stato corrisponde ad una situazione oggettiva e non dipende dalla condotta o dalla dichiarazione di un’Istituzione Europea. [20] Pertanto, le decisioni di autorizzazione del Consiglio non erano sufficienti a consentire l’adozione della misura, in quanto non impedivano agli Stati membri l’obbligo di notificare alla Commissione l’intenzione di concedere l’esenzione fiscale controversa.
La Corte ha infine confermato la natura selettiva dell’esenzione. Da un lato, essa favoriva soltanto i produttori di allumina stabiliti in Sardegna. Dall’altro, la misura favoriva le imprese produttrici di allumina rispetto a quelle che producevano altri beni, ostacolando la libera concorrenza all’interno del mercato.
La suestesa decisione è stata recentemente confermata dalla Corte di Giustizia Europea, la quale ha confermato la decisione della Commissione europea del 2005 e concluso la lunga querelle. [21] La Corte ha infatti stabilito una chiara distinzione tra i poteri del Consiglio e della Commissione nel settore dell’armonizzazione della legislazione in materia di accise, da un lato, e nel settore degli aiuti di Stato, dall’altro.
Le decisioni del Consiglio non potevano classificare l’esenzione come “aiuto esistente”, in quanto il Consiglio detiene solo una competenza nell’ambito dell’armonizzazione delle accise. Questo potere non impedisce tuttavia il controllo della Commissione sulla potenziale distorsione della concorrenza che una misura può comportare, in virtù dei poteri esclusivi di cui gode in materia di aiuti di Stato. In conclusione, poiché l’esenzione costituiva un nuovo aiuto, l’Italia non aveva adempiuto all’obbligo di notifica preventiva alla Commissione europea, e ciò aveva comportato l’illegittimità dell’aiuto concesso.

[1] Causa C-323/16 P, Eurallumina / Commissione [2017] ECLI: UE: C: 2017: 952.

[2] Causa C-369/16 P, Irlanda contro Commissione [2017] ECLI: UE: C: 2017: 955; Causa C-373/16 P Aughinish Alumina / Commissione [2017] ECLI: UE: C: 2017: 953.

[3] Direttiva 92/82 / CEE, del 19 ottobre 1992, del Consiglio delle Comunità europee, relativa al ravvicinamento delle aliquote delle accise sugli oli minerali [GU L 316/19].

[4] Il Consiglio ha autorizzato l’Italia ad esentare i produttori di allumina dall’accisa, estendendo l’applicazione dell’esenzione fino al 31 dicembre 2006 (ossia lmediante la decisione 92/510 / CEE del Consiglio, decisione 97/425 / CE del Consiglio, decisione 1999 / 880 / CE, decisione 2001/224 / CE del Consiglio ). L’esenzione italiana si applica a tutte le imprese che utilizzano oli minerali per la produzione di allumina ai sensi del punto 14 della tabella A del testo unico delle accise. Il provvedimento è stato istituito con la legge 12 novembre 1990, n. 331, in attuazione del decreto legge 15 settembre 1990, n. 261, articolo 8, paragrafo 5.

[5] Commissione europea, linee direttrici sugli aiuti regionali nazionali , 1998 / C 74/9 .

[6] Commissione europea, decisione del 7 dicembre 2005 relativa all’esenzione dall’accisa sugli oli minerali utilizzati come combustibile per la produzione di allumina a Gardanne, nella regione di Shannon e in Sardegna, attuati rispettivamente da Francia, Irlanda e Italia [GU L 119/12 ].

[7] Regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE, articolo 1, lettera b) [GU L 83/1].

[8] Ibid, articolo 1, lettera c).

[9] Ibid, articoli 4 e 7.

[10] Regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, articolo 14.

[11] Commissione europea, decisione del 7 dicembre 2005 , par.101.

[12] Cause riunite T-50/06, T-56/06, T-60/06, T-62/06 e T-69/06, Irlanda e altri contro Commissione [2007], ECLI: EU: T: 2007: 383.

[13] Ibid, para.63.

[14] Causa C-89/08 P, Commissione contro Irlanda e altri [2009], ECLI: EU: C: 2009: 742.

[15] Cause riunite T-50/06 RENV, T-56/06 RENV, T-60/06 RENV, T-62/06 RENV e T-69/06 RENV, Irlanda e altri contro Commissione [2012], ECLI: EU: T: 2012: 134.

[16] Ibid, para.73.

[17] Ibid, para.77.

[18] Casi riuniti T-60/06 RENV II e T-62/06 RENV II, Italia e altri contro Commissione [2016], ECLI: UE: T: 2016: 233.

[19] Ibid, para.66.

[20] Ibid, para.73.

[21] Causa C-323/16 P, Eurallumina SpA contro Commissione europea [2017], ECLI: EU: C: 2017: 952.